Recensione completa: Le città invisibili (Italo Calvino)

Recensione completa: Le città invisibili (Italo Calvino)

Le città invisibili di Italo Calvino, pubblicato per la prima volta nel 1972, è un’opera singolare che sfida le convenzioni del romanzo tradizionale. Inserito nel filone della letteratura combinatoria e influenzato dallo strutturalismo e dalla semiotica, questo libro si presenta come un mosaico di descrizioni immaginarie di città raccontate da Marco Polo all’imperatore Kublai Khan. Pur nella sua apparente frammentarietà, il testo costituisce un profondo e poetico poema d’amore alle città, come affermò lo stesso Calvino, e riflette sulle paure, desideri, sogni e memorie che abitano lo spazio urbano e l’animo umano. A metà strada tra la narrativa filosofica, la poesia in prosa e l’’esperimento letterario, Le città invisibili è una lettura coinvolgente, densa di significati simbolici e capace di offrire infinite chiavi interpretative.

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Le città invisibili
  • Calvino, Italo (Author)

Biografia dell’autore

Italo Calvino (1923-1985) è stato uno degli scrittori più influenti della letteratura italiana del Novecento. Nato a Cuba e cresciuto a Sanremo, partecipa alla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale e si avvicina al neorealismo con il suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno (1947). Successivamente, con la trilogia “I nostri antenati” (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente), sperimenta forme narrative fiabesche e allegoriche. Negli anni Sessanta si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con l’Oulipo e approfondisce le teorie dello strutturalismo e della semiotica, interessi che sfoceranno in opere sperimentali come Le città invisibili, Se una notte d’inverno un viaggiatore e Lezioni americane. Vincitore del Premio Bagutta e autore di opere fondamentali come Palomar e Le Cosmicomiche, Calvino è ricordato per la sua scrittura elegante, precisa e intellettualmente sofisticata.

Trama e analisi

La struttura di Le città invisibili si basa su un dialogo immaginario tra Marco Polo e Kublai Khan, nel quale l’esploratore veneziano racconta le città che ha visitato nell’impero tartaro. Ma le città descritte non sono reali: sono luoghi onirici, metaforici, immaginari, che prendono il nome di donne e appartengono a undici categorie tematiche: le città e la memoria, il desiderio, i segni, gli scambi, gli occhi, il cielo, e così via.

Ciascuna delle 55 città descritte non ha una trama, ma è una miniatura narrativa, un frammento che suggerisce una riflessione su aspetti universali dell’esistenza: tempo, morte, identità, sogno, linguaggio, utopia. Le descrizioni, in prosa lirica e rarefatta, evocano città impossibili: alcune sospese nel vuoto, altre costruite su tubature o specchi, altre ancora composte solo da desideri, da ricordi o da rifiuti. Ogni città è al contempo simbolo e esperienza mentale, tanto che ci si chiede se non si tratti sempre della stessa città vista da prospettive diverse.

Il rapporto tra Marco Polo e Kublai Khan è centrale: i loro dialoghi sono intermezzi filosofici che riflettono sul senso del narrare, sulla difficoltà della comunicazione e sul tentativo dell’uomo di dare ordine al caos del mondo. Calvino utilizza anche elementi strutturali come la simmetria e la ripetizione per costruire un vero e proprio gioco combinatorio, nel quale ogni lettore può scegliere il proprio percorso di lettura. Come Calvino stesso affermò, il libro è un “poliedro” da esplorare, più che da leggere linearmente.

Tra le città più celebri e suggestive ricordiamo:

  • Zaira, costruita di relazioni e di ricordi più che di pietre;
  • Diomira, città delle meraviglie esotiche e delle illusioni;
  • Leonia, che ogni giorno si rinnova espellendo la sua vecchia pelle di rifiuti;
  • Ersilia, in cui le relazioni sociali sono rappresentate da fili tesi tra gli edifici;
  • Berenice, che contiene in sé città giuste e ingiuste, stratificate nel tempo.

Lo stile di Calvino è cristallino, esatto e poetico. Ogni descrizione è densa e misurata, e spesso racchiude un pensiero filosofico in forma di paradosso. L’opera affascina per la sua capacità evocativa, per la sua ambiguità semantica, e per la sua forza di stimolare l’immaginazione del lettore.

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  • Calvino, Italo (Author)

Analisi del contesto editoriale

Le città invisibili si colloca all’interno della fase combinatoria della produzione calviniana, influenzata dalle teorie dello strutturalismo e dall’Oulipo, gruppo di scrittori sperimentali franco-italiano. A differenza delle sue opere precedenti, come Il barone rampante, qui la narrazione si dissolve in una forma reticolare, più vicina alla poesia che al romanzo classico.

Nel panorama letterario contemporaneo, Le città invisibili si distingue per la sua ambizione formale e concettuale, ma si inserisce anche nel contesto delle riflessioni urbane e utopiche del secondo Novecento. L’opera ha influenzato urbanisti, architetti, filosofi e artisti, e continua a essere un punto di riferimento per chi riflette sulla città come luogo simbolico e culturale. Rispetto a testi dello stesso autore, è forse quello più “aperto” e filosofico, più riflessivo che narrativo, e sicuramente più sperimentale.

Il target ideale comprende lettori con una spiccata sensibilità artistica, studenti di architettura, filosofia, semiotica, ma anche tutti coloro che amano le letture stratificate e a forte carica immaginativa.

Valutazione critica

I punti di forza dell’opera risiedono nella sua originalità formale, nella ricchezza simbolica e nella profondità delle riflessioni. Calvino riesce a fondere linguaggio poetico e rigore geometrico, offrendo un libro che è al tempo stesso una mappa dell’immaginazione e un catalogo dell’esperienza umana. La sua prosa è precisa ma evocativa, e riesce a rendere vive città che non esistono, ma che tutti possiamo riconoscere dentro di noi.

Un limite dell’opera potrebbe essere rappresentato dalla sua struttura non lineare, che rischia di disorientare i lettori meno abituati a forme narrative sperimentali. La mancanza di una trama convenzionale e di personaggi con uno sviluppo psicologico potrebbe rendere il libro meno accessibile a chi predilige una narrazione più tradizionale.

Tuttavia, il valore letterario e culturale del libro è indiscutibile. Le città invisibili è un libro che si può leggere più volte, ogni volta trovandovi significati nuovi. La sua leggibilità è elevata se affrontata con la giusta predisposizione: non come un romanzo da leggere tutto d’un fiato, ma come un testo da assaporare lentamente.

Conclusione

Le città invisibili è un’opera unica nel panorama letterario italiano e internazionale. Attraverso l’incontro tra Marco Polo e Kublai Khan, Italo Calvino costruisce un mondo di città simboliche e suggestive, che interrogano il lettore sul senso della memoria, del desiderio, della morte e dell’utopia.

È un libro adatto a lettori curiosi, riflessivi, disposti a lasciarsi trasportare in un viaggio mentale e poetico, più che geografico. Una lettura da affrontare senza fretta, lasciandosi guidare dalle immagini e dalle domande che ogni città evoca. In definitiva, Le città invisibili è una di quelle opere che non si dimenticano, ma che ritornano, con significati diversi, in ogni fase della vita del lettore.

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