Recensione La levatrice di Bibbiana Cau

recensione La levatrice di Bibbiana Cau
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Ho scoperto La levatrice di Bibbiana Cau quasi per caso, durante una visita in libreria. La copertina, sobria e potente, e il titolo — così semplice eppure così evocativo — mi hanno subito attirata. Il romanzo, pubblicato da Nord e ambientato nella Sardegna rurale del primo Novecento, è il libro d’esordio di un’autrice che è anche ostetrica di professione. Questo dettaglio mi ha colpita: sapevo che quella che stavo per leggere non sarebbe stata una storia qualsiasi, ma un atto d’amore e consapevolezza verso un mestiere antico, spesso dimenticato.

Non ho sbagliato. La levatrice è una storia ruvida, intensa, profondamente umana, che parla di nascita e morte, di guerra e sopravvivenza, di donne che resistono e curano, anche quando nessuno le riconosce. Ho iniziato a leggerlo in un weekend di pioggia, e l’ho terminato con il cuore gonfio, come se quelle pagine avessero risvegliato qualcosa di primitivo e necessario dentro di me.

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La levatrice
  • Cau, Bibbiana (Author)

L’autrice e il suo percorso

Bibbiana Cau è un nome nuovo nella narrativa italiana, ma La levatrice dimostra un talento maturo e consapevole. L’autrice è nata e cresciuta in Sardegna, e lavora da anni nel campo dell’ostetricia: un background che dà al romanzo un’autenticità palpabile. Non si limita a raccontare una storia: la vive, la respira, la tramanda.

Cau intreccia il sapere della cura con la narrazione letteraria, costruendo un mondo credibile e vivido. La sua formazione e la sua esperienza personale arricchiscono ogni pagina con una precisione storica e antropologica che non risulta mai accademica. La levatrice è, in questo senso, letteratura e testimonianza allo stesso tempo.

Il viaggio nella storia

La levatrice è ambientato a Norolani, un paese fittizio dell’entroterra sardo, nel 1917, in piena Prima Guerra Mondiale. La protagonista è Mallena, una levadora (levatrice) come lo erano state sua madre e sua nonna prima di lei. Una donna forte, dura eppure profondamente generosa, che da sedici anni esercita la sua arte senza compenso, senza orari, senza protezione legale, spinta solo dal senso del dovere e dalla solidarietà verso le altre donne del paese.

Mallena non è una semplice protagonista: è un archetipo femminile. Attraverso il suo sguardo, il lettore entra in un mondo fatto di sangue, fango, superstizioni, erbe medicinali, carezze e ferite. Ogni parto è una battaglia. Ogni donna, una storia.

Ma qualcosa cambia con l’arrivo di Angelica, giovane ostetrica diplomata, inviata dal continente per portare la scienza in un mondo ancora legato alla tradizione. Tra Mallena e Angelica si crea un duello silenzioso, non privo di tensioni, ma anche di possibilità: due visioni diverse del mondo e della cura che si osservano, si sfiorano, si mettono in discussione.

Nel frattempo, la guerra ha lasciato dietro di sé corpi spezzati e anime ferite: il marito di Mallena, Jubanne, è tornato dal fronte amputato, svuotato. La comunità si impoverisce, le donne diventano l’unico collante sociale. Eppure, nemmeno in quel contesto, il lavoro di Mallena viene riconosciuto. Quando chiede una retribuzione al consiglio comunale, si scontra con un muro di burocrazia e indifferenza: «Si può sapere che devo fare per essere pagata?», urla, in una delle scene più toccanti del libro. È il grido di tutte le donne invisibili.

La scrittura di Cau è densa e sensoriale: senti l’odore della resina, il sapore del miele, il sudore, la paura, la pioggia. La Sardegna non è uno sfondo, ma una protagonista muta: con la sua lingua, le sue leggi non scritte, la sua bellezza aspra e selvatica.

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  • Cau, Bibbiana (Author)

Il libro nel panorama letterario

Nel panorama attuale della narrativa italiana, La levatrice di Bibbiana Cau è una voce necessaria. Non solo per la qualità della scrittura, ma per ciò che racconta: un pezzo di storia spesso ignorato, quello delle donne che hanno tramandato il sapere della cura ben prima dell’arrivo della medicina ufficiale.

Se avete amato Accabadora di Michela Murgia, L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio o La notte ha la mia voce di Alessandra Sarchi, troverete in La levatrice la stessa forza narrativa, la stessa attenzione per il corpo femminile, la stessa capacità di toccare il personale per raccontare l’universale.

La differenza è che Bibbiana Cau non idealizza mai: Mallena è concreta, imperfetta, spesso sola. Non è una santa, ma una donna stanca, lucida, coraggiosa. E proprio per questo profondamente reale.

Le mie riflessioni

Quello che mi ha colpita davvero è come La levatrice riesca a raccontare la storia di tutte le donne attraverso una sola protagonista. Il dolore del parto, la solitudine, la sorellanza, la rabbia, la forza, il senso di ingiustizia: tutto è lì, raccontato con una lingua che sa essere poetica ma mai retorica.

Ho amato la relazione tra Mallena e Angelica. Poteva essere uno scontro didascalico tra “scienza” e “tradizione”, ma non lo è. È un confronto vero, fatto di silenzi, errori, esitazioni. Nessuna delle due ha torto o ragione: entrambe portano avanti un sapere diverso, ma complementare.

Alcune scene mi resteranno dentro a lungo. Come quella in cui Rosa, la figlia di Mallena, le rinfaccia di non esserle stata vicina nel momento della sua prima mestruazione. Un’accusa che riapre ferite antiche, memorie di una madre morta di parto, catene invisibili che legano ogni donna alla precedente.

È un romanzo che fa male, ma fa bene. Perché ti obbliga a guardare la realtà attraverso occhi nuovi. Ti ricorda da dove veniamo. Ti fa riflettere su quanto sia stato pagato a caro prezzo il diritto di essere viste, riconosciute, ascoltate.

Conclusione personale

La levatrice di Bibbiana Cau è una lettura che lascia il segno. Non solo per la forza della storia o per la bellezza della scrittura, ma perché riesce a onorare il lavoro invisibile delle donne, senza eroismi, senza retorica. Solo con la verità.

Lo consiglio a chi cerca un romanzo intenso, radicato nella storia e nella terra, capace di emozionare, di far riflettere e di restare nel cuore. Se amate i personaggi femminili forti, le narrazioni che esplorano il confine tra memoria e identità, tra cura e sopravvivenza, La levatrice è il libro che fa per voi.

Il mio voto? 5 stelle su 5, senza esitazioni. Perché è raro trovare una storia che, così semplicemente, ti fa sentire di nuovo umana.

Se l’hai letto, raccontami la tua esperienza: anche tu hai sentito quel nodo alla gola, leggendo Mallena correre nella notte con una sacca di erbe e una lanterna in mano?

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