Recensione del libro “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra” di Fedez

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Ho scoperto “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra” di Fedez quasi per caso, scorrendo le notizie online nel giorno della sua uscita. Il titolo mi ha subito colpito: evocava un’immagine potente, quella della profondità nascosta dietro una superficie apparentemente calma. Pubblicato da Mondadori nel 2025, questo libro autobiografico appartiene al genere del memoir contemporaneo, ma è anche molto più di un racconto di vita: è un atto di esposizione radicale, un flusso di coscienza che scava nel dolore e nella rinascita.

Ho deciso di leggerlo per curiosità, lo ammetto, spinta dal desiderio di capire cosa si nascondesse dietro il personaggio mediatico Fedez — spesso al centro di polemiche, ma raramente davvero compreso. Fin dalle prime pagine ho capito che non si trattava del solito libro “da celebrity”: c’era una voce nuda, disarmata, ferita ma lucida. Il tono diretto, a tratti brutale, mi ha immediatamente trascinata dentro la mente di un uomo che non si nasconde più dietro la musica o i social, ma si racconta nella sua più autentica fragilità.

L’autore e il suo percorso

Conoscevo Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, principalmente come rapper, giudice televisivo e imprenditore digitale. Avevo letto anni fa il suo primo libro FAQ – A domanda rispondo (Mondadori, 2016), un esperimento più ironico e leggero, ma qui ho trovato un autore completamente diverso. In “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra”, Fedez abbandona ogni filtro mediatico per parlare da uomo a uomo, da essere umano a chi, come lui, ha conosciuto la vulnerabilità.

Fedez è sempre stato un artista divisivo, ma anche un innovatore del linguaggio contemporaneo. La sua biografia — dalla periferia milanese al successo planetario, dalle battaglie sociali alla malattia — è diventata una parabola di resilienza e contraddizione. In questo libro, la sua esperienza personale di malattia e depressione si intreccia con una riflessione più ampia sul senso del fallimento e del coraggio. È impossibile non percepire quanto la vita reale dell’autore plasmi la narrazione: qui, Fedez non interpreta un personaggio, si mette completamente a nudo.

Il viaggio nella storia

Il libro si apre con un tono confessionale e introspettivo. Non segue una struttura lineare, ma un flusso di memoria che alterna momenti della giovinezza, episodi familiari, riflessioni sulla carriera e pagine durissime sulla malattia mentale. Il risultato è una narrazione frammentata ma viva, proprio come la mente di chi lotta con i propri demoni.

Tra i capitoli più intensi, Fedez racconta il suo tumore neuroendocrino al pancreas, una delle esperienze più dolorose della sua vita. Leggere quelle pagine è come assistere a un uomo che scava dentro sé stesso per trovare senso nel dolore. Colpisce la sincerità con cui ammette la paura, ma anche la gratitudine per chi, inaspettatamente, gli è stato vicino — come Matteo Salvini, che lo contattava ogni settimana durante la malattia, in un gesto umano che va oltre le differenze politiche.

Il libro diventa poi un diario della crisi matrimoniale con Chiara Ferragni, raccontata non con rabbia, ma con una lucida consapevolezza del fallimento. “A non volere in casa quel milione di euro sono stato io”, scrive Fedez riferendosi al Pandoro Gate, mostrando il desiderio di staccarsi da un sistema che percepisce come malato. È uno dei passaggi più sinceri e spiazzanti del libro, in cui emerge la difficoltà di gestire la vita privata sotto i riflettori.

Un altro capitolo che mi ha colpita è quello sul Festival di Sanremo, simbolo di un crollo personale e mediatico. Il celebre bacio con Rosa Chemical, che scatenò tanto clamore, viene qui raccontato come un gesto concordato ma diventato emblema di un burnout devastante. “Eleonora, la mia assistente, ha dovuto dormire con tutti i coltelli perché dicevo che volevo tagliarmi le vene”, scrive. È un passaggio che toglie il fiato, perché mostra la linea sottile tra spettacolo e disperazione.

La parte più dura, però, arriva con il capitolo “Del suicidio”. È un testo crudo, spietato, privo di romanticismo. Fedez descrive l’interruzione improvvisa degli psicofarmaci, il collasso fisico e mentale, il senso di alienazione assoluta. “Quelle bastarde erano diventate la mia pelle, la mia lingua, il mio pensiero”, scrive, in una delle frasi più potenti del libro. È impossibile non empatizzare con quel dolore che diventa linguaggio, con quella voce che cerca disperatamente di farsi ascoltare.

Eppure, tra le pagine, emerge anche una voglia di rinascita. “Cadiamo perché la vita non smetterà di riproporci la stessa lezione, finché non la faremo nostra”, afferma. È la frase che riassume tutto il senso del libro: non una celebrazione del successo, ma un invito a guardarsi dentro, anche quando fa male.

Il libro nel panorama letterario

Nel vasto panorama delle autobiografie di personaggi pubblici, “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra” si distingue per il suo tono intimo, coraggioso e spiazzante. Non è un racconto costruito a tavolino per riabilitare un’immagine pubblica, ma un vero atto terapeutico. L’ho trovato più vicino a opere come Open di André Agassi o Io sono ancora io di Trevor Noah, dove il racconto della vulnerabilità diventa forza.

Rispetto ad altri scritti di Fedez, questo libro segna una maturità narrativa nuova. La sua voce è più profonda, più consapevole, meno aggressiva. È il diario di un uomo che non cerca più di piacere, ma di capire. Per chi, come me, ha seguito la parabola mediatica della coppia Ferragnez, leggere questo libro significa vedere oltre le luci di Instagram: c’è un essere umano che ha imparato a convivere con la propria oscurità.

Lo consiglierei a chi ama le autobiografie vere, quelle che non addolciscono nulla. A chi ha attraversato periodi di crisi, a chi si è sentito smarrito o giudicato. E a chi crede che la fragilità non sia debolezza, ma una forma di coraggio.

Le mie riflessioni

Quello che mi è piaciuto davvero di questo libro è la verità disarmante con cui Fedez si racconta. Non si nasconde dietro un linguaggio forbito, ma usa la parola come un coltello che incide la superficie delle cose. Alcuni passaggi mi hanno fatto male, altri mi hanno commossa profondamente. L’autore riesce a rendere universali anche le sue esperienze più personali: la malattia, la fine di un amore, la paura della solitudine, la lotta con la salute mentale.

Se dovessi trovare un difetto, direi che in certi momenti il tono si fa troppo autoanalitico, quasi ossessivo. Ma è anche ciò che lo rende autentico: non è un libro “perfetto”, è un libro vivo.

Su di me ha avuto un impatto forte. Mi ha fatto riflettere su quanto spesso si giudichino le persone senza conoscerle davvero, e su come la fragilità possa essere un punto di partenza per ricostruirsi. Credo che questo libro resterà nel tempo perché è sincero, e la sincerità è un valore raro nel mondo dell’intrattenimento.

La lettura è scorrevole, ma emotivamente impegnativa. È un libro che non si “divora”, si vive. Pagina dopo pagina, ci si specchia nell’autore, si sente il peso delle sue parole, ma anche la speranza di chi vuole rinascere.

Conclusione personale

In conclusione, “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra” è una lettura che lascia il segno. È il ritratto di un uomo che ha avuto il coraggio di guardarsi dentro e di condividere la parte più buia di sé. Fedez non ne esce come un eroe, ma come un essere umano vero, con le sue contraddizioni e le sue cadute.

Il mio voto personale è 9 su 10: per l’onestà, per la forza emotiva e per la scrittura sorprendentemente intensa.

Consiglierei questo libro a chi ama le storie di redenzione, a chi non teme di affrontare la verità, e a chi vuole capire cosa si nasconde davvero dietro il nome “Fedez”. Perché, come scrive lui stesso, “non è mai troppo tardi per vivere un passato migliore”.

E forse, leggendo queste pagine, anche noi impariamo che la profondità della vita — proprio come quella dell’acqua — si rivela solo a chi trova il coraggio di guardare davvero.

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