Ho scelto di leggere L’anniversario di Andrea Bajani un po’ per curiosità e un po’ per dovere letterario. Il libro, edito da Feltrinelli nel 2025, è stato inserito nella cinquina del Premio Strega, e ovunque andassi lo trovavo consigliato, in libreria, sui social, nei podcast letterari. Si tratta di un romanzo di narrativa contemporanea, che affronta il tema del rapporto familiare, con particolare attenzione alla dinamica padre-figlio. Confesso che mi sono avvicinato a questa lettura con una certa stanchezza: negli ultimi anni, molti titoli italiani si sono concentrati ossessivamente su questo tema, rendendolo quasi un topos scontato.
Ho ascoltato L’anniversario in versione audiolibro, narrato da Luigi Lo Cascio, che con la sua voce ha reso ancora più vivido il tono sommesso e tagliente della prosa di Bajani. Eppure, sin da subito, ho percepito una certa freddezza nel testo, una distanza che mi ha accompagnato per tutta la durata della lettura. Il libro è ben scritto, certo, ma non mi ha colpito al cuore come speravo. Eppure, più passavano i giorni, più mi accorgevo che alcune frasi mi tornavano in mente, come ferite che bruciano anche dopo la guarigione.
L’AUTORE E IL SUO PERCORSO
Andrea Bajani non è nuovo al panorama letterario italiano. Già finalista al Premio Strega e al Premio Campiello con Il libro delle case (2021), ha mostrato in più occasioni una predilezione per la scrittura intima e riflessiva. Bajani è anche poeta, come testimoniano le sue raccolte Promemoria, Dimora naturale e L’amore viene prima. La sua scrittura si riconosce per la limpidezza e il rigore stilistico, una prosa che non indulge all’emozione facile ma la scolpisce con precisione chirurgica.
In L’anniversario, la sua voce si fa ancora più asciutta, più trattenuta, forse anche più spietata. L’impressione è che l’autore abbia riversato nel romanzo un vissuto profondo, anche se non dichiaratamente autobiografico. La mancanza di nomi propri e la scelta di definire i personaggi solo tramite i loro ruoli familiari suggerisce un tentativo di universalizzare un dolore personale, rendendolo condivisibile, e quindi anche più inquietante.
IL VIAGGIO NELLA STORIA
L’anniversario racconta la storia di un uomo che ha tagliato ogni rapporto con i propri genitori dieci anni prima. “Sono stati i dieci anni migliori della mia vita”, dichiara il narratore all’inizio, aprendo così un resoconto emotivo e razionale al tempo stesso. Questo gesto definitivo è il cuore del romanzo: un figlio che ha scelto di sparire, cambiare numero, continente, vita.
La narrazione è affidata alla prima persona, ma non c’è autobiografia esibita: semmai, è una costruzione minuziosa di una voce che esplora i confini tra verità e finzione. Il protagonista rievoca l’infanzia e l’adolescenza vissute in una famiglia disfunzionale, dominata da un padre autoritario e da una madre sottomessa.
Il padre è descritto come un uomo irascibile, manipolatore, che esercita il controllo attraverso la paura. Un uomo che “aveva bisogno di spaventare per sentirsi amato”. Non ci sono eccessi narrativi, non si scade mai nel patetico: la violenza è raccontata nella sua quotidianità, nella sua mostruosa normalità.
La madre, invece, è un personaggio enigmatico, forse ancor più inquietante del padre. Non si ribella, non scappa, non denuncia. Anzi, sembra scegliere la sottomissione come forma di sopravvivenza. Emblematica la scena in cui usa l’acqua dello sciacquone per lavarsi i denti, per non disturbare il marito che aveva chiuso il rubinetto. Ma il narratore ci avverte: non è la paura a muoverla, è qualcosa di più oscuro, forse un desiderio di annullarsi, di “essere niente”.
Questa relazione malata tra i genitori è il centro del romanzo, ma anche il punto da cui parte la riflessione sulla possibilità di salvarsi. Il figlio osserva, cresce, si adatta, poi fugge. Ma la fuga non è catarsi. Il romanzo è il tentativo di rimettere insieme i pezzi, di “scorporare” la figura della madre da quella del padre, di darle una dignità autonoma attraverso la scrittura.
La prosa di Bajani è fredda e tagliente come un bisturi, come lui stesso scrive: “Richiede lentezza e precisione, un bisturi grammaticale”. Non ci sono descrizioni dettagliate, nessuna topografia precisa: il linguaggio è tutto interiore, rarefatto, denso di significati impliciti. Ma proprio questa essenzialità è ciò che rende il libro così potente. Un passaggio che mi ha colpito profondamente è questo:
“Ogni ricostruzione che ne posso fare è materia da romanzo, non solo perché richiede che l’immaginazione porti sulle spalle l’esperienza, ma perché quel pranzo avvenne dentro la finzione.”
Una frase che racchiude tutta la natura ambigua del testo, in bilico tra memoria e invenzione, tra bisogno di verità e costruzione narrativa.
IL LIBRO NEL PANORAMA LETTERARIO
Nel contesto della narrativa italiana contemporanea, L’anniversario si inserisce nel filone dell’autofiction, ma con un approccio più controllato e cerebrale rispetto ad altri autori come Walter Siti o Antonio Franchini. Rispetto a Il libro delle case, questo nuovo romanzo di Bajani appare più compatto, più concentrato, più spietato.
Ho letto altri romanzi recenti che affrontano il tema della famiglia disfunzionale, come Quello che so di te di Nadia Terranova o Dove non mi hai portata di Maria Grazia Calandrone. Ma L’anniversario si distingue per la sua asciuttezza estrema e per la scelta di non dare nomi, come se i ruoli familiari fossero archetipi universali.
Consiglierei questo libro a lettori che cercano nella letteratura non consolazione, ma verità. A chi è disposto a guardare nell’abisso con occhi aperti, senza aspettarsi redenzione.
LE MIE RIFLESSIONI
Quello che ho apprezzato di più in L’anniversario è la coerenza stilistica, la volontà di Andrea Bajani di non cedere mai alla tentazione dell’effetto facile, dell’emozione a buon mercato. È un libro che scava, che analizza, che pone domande scomode senza offrirci risposte rassicuranti.
Tuttavia, proprio questa sua estrema lucidità può essere anche il suo limite. Ho fatto fatica a entrare in empatia con il protagonista, forse perché il suo sguardo è così controllato da risultare quasi disumano. Il dolore viene sezionato, ma raramente vissuto. Avrei voluto più crepe, più rabbia, più verità emotiva.
Detto questo, L’anniversario è un romanzo che lascia un segno. Non tanto per quello che racconta, quanto per il modo in cui lo racconta. Resterà nel tempo, ne sono convinto, perché riesce a fare ciò che la grande letteratura dovrebbe sempre fare: rendere visibile l’invisibile. La sua lettura non è semplice, richiede attenzione, lentezza, disponibilità all’ascolto. Ma è proprio questa lentezza che permette al lettore di entrare in sintonia con il ritmo interiore della voce narrante.
CONCLUSIONE PERSONALE
La mia esperienza con L’anniversario è stata ambivalente: inizialmente fredda, poi sempre più coinvolta. Non è un romanzo che ti strappa lacrime, ma uno che ti lascia addosso una sottile inquietudine. Il mio giudizio finale è positivo, pur con qualche riserva emotiva: 8 su 10.
Lo consiglio a chi ama i romanzi introspettivi, rigorosi, che sfidano le convenzioni e non hanno paura di mostrare la parte più oscura delle relazioni umane. E se lo avete letto anche voi, mi piacerebbe conoscere la vostra opinione: avete trovato anche voi quel senso di gelo lucido tra le pagine? O vi ha toccato più di quanto non sia accaduto a me?
